Coronavirus: decreto “Cura Italia” e disabilità
Aggiornamento: Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, oggetto di questo articolo, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020, n.70 con in titolo: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.”
Confermiamo, sulla base del testo ufficiale, tutte le analisi e le considerazioni espresse nel’articolo pubblicato qui di seguito.
Come annunciato, il Consiglio dei Ministri nella seduta del 16 marzo ha approvato un decreto-legge (definito “Cura Italia”), il secondo dopo quello del 2 marzo scorso, che contiene ulteriori misure straordinarie di sostegno a l’economia e alle famiglie connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19
Per evidenti ragioni di necessità ed urgenza si è scelto lo strumento del decreto legge che entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e che poi verrà convertito in legge e presumibilmente modificato dal Parlamento. Il testo, complice la situazione di emergenza, necessita sicuramente di aggiustamenti e perfezionamenti che potrebbero avvenire in Aula, oltre che di tempestive indicazioni operative ed applicative per rendere concrete le molte agevolazioni introdotte.
Riguardo a l’intero decreto ci soffermiamo qui strettamente sulle agevolazioni introdotte a favore delle persone che assistono familiari con disabilità e quelle a favore delle stesse persone con disabilità che siano lavoratori dipendenti.
Permessi lavorativi (legge 104/1992)
Uno specifico articolo (articolo 24) amplierebbe eccezionalmente – per i mesi di marzo e di aprile 2020 – i permessi lavorativi previsti da l’articolo 33 della legge 104/1992.
In realtà il testo letterale è piuttosto ambiguo e si presta a diverse letture; l’articolo recita testualmente: “Il numero di giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è incrementato di ulteriori complessive 12 giornate usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020.”
La prima lettura più favorevole è: a regime normale i giorni di permesso sono 3 mensili; con il nuovo decreto saranno 15 mensili. Se ne aggiungono quindi 12 mensili.
La seconda lettura, meno favorevole e condizionata da quel “complessive” è che per marzo e aprile si aggiungano 12 giornate totali di permesso. Il che significherebbe che il totale dei permessi sia: 3 (già previsti a marzo) + 3 (già previsti ad aprile) + 12 (a distribuire fra marzo e aprile) = 18 giorni totali di permesso fra marzo e aprile.
Quale sia l’interpretazione corretta spetta solo al Legislatore dirlo.
Aggiornamento: successive indicazioni dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, dell’INPS (messaggio 1281 e circolare 45) e del Ministero del lavoro – di cui diamo conto in altri articoli – hanno adottato la seguente interpretazione: 3 (già previsti a marzo) + 3 (già previsti ad aprile) + 12 (a distribuire fra marzo e aprile) = 18 giorni totali di permesso fra marzo e aprile.
Al di là di questi aspetti, va detto che il testo del decreto si riferisce ai permessi previsti dal comma 3 dell’articolo 33 della legge 104/1992: sono le tre giornate (non i permessi ad ore) e sono quelle concesse ai genitori e ai familiari di persone con disabilità grave accertata e documentata; quei permessi sono estesi dal comma 6 dello stesso articolo 33 anche ai lavoratori con disabilità grave accertata.
Aggiornamento: INPS nel suo messaggio 1281 del 20/03/2020 ha precisato che l’estensione di permessi riguarda solo i lavoratori che assistono le persone con disabilità grave e non anche i lavoratori con disabilità grave. Successivamente con circolare n. 45 ha corretto tale prima versione precisando che l’estensione dei permessi spetta sia ai i lavoratori che assistono le persone con disabilità grave e che ai lavoratori con disabilità grave.
Nei prossimi giorni verosimilmente ci saranno anche indicazioni operative di INPS e della Funzione Pubblica se non anche del Ministero del Lavoro.
Certamente l’estensione dei permessi è più agevole per chi già ne è autorizzato e già ne fruisce.
In attesa delle indicazioni operative suggeriamo di concordare già la fruizione con l’azienda o l’amministrazione da cui si dipende, aggiungendo quindi le 12 giornate in più alle 3 già fruite o programmate. Nel presentare la richiesta si ricordi di citare “l’articolo 24, comma 1 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18”. In alternativa si possono attendere le indicazioni operative che arriveranno dall’INPS (per i privati) o da Dipartimento Funzione Pubblica o dalla propria amministrazione per i dipendenti pubblici.
Rimangono invariate le altre norme relative alla retribuzione, alla copertura previdenziale, al referente unico, la distanza massima rispetto al domicilio dell’assistito ecc.
Altre norme a favore dei lavoratori con disabilità
Un’altra novità che può essere di notevole impatto sui lavoratori con disabilità la si trova a l’interno dell’articolo che dedicato alle “misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori” (articolo 26). Quel’articolo ampia alcune previsioni già presenti nel decreto legge del 2 marzo scorso. Esso risponde alla singolare situazione di lavoratori che si trovino in quella situazione di “sorveglianza attiva”, quella che in modo più semplice si indica come “quarantena”, cioè i casi in cui una persona venga isolata a domicilio per essere stata a contatto di soggetti contagiati da CODIV-19.
Questi soggetti non possono lavorare pur non essendo tecnicamente in malattia. Il combinato dei due decreti – quello nuovo e quello del 2 marzo – equipara questa condizione al ricovero ospedaliero, quindi uno stato assimilabile alla malattia e come tale retribuito. Al contempo – e questo è l’aspetto altrettanto rilevante – l’assenza non è computata ai fini del comporto, cioè di quel periodo di assenze per malattia oltre il quale non si ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro e si può essere licenziati per eccesso di morbilità (malattia).
In questo quadro, lo stesso status (ricovero ospedaliero) viene riconosciuto fino a fine aprile, indipendentemente dalla condizione di “sorveglianza attiva”, anche ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione “rilasciata dai competenti organi medico legali”, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita anche se non sono in possesso della certificazione di handicap con connotazione di gravità (basta il comma 1 dell’articolo 3).
Anche in questo caso vi sono degli aspetti applicativi da precisare. Quello più delicato è senza dubbio su l’esatta individuazione dei “competenti organi medico legali” chiama ti a rilasciare le attestazioni previste dal Legislatore. La lettura più coerente vorrebbe che siano i servizi di medicina legale delle ASL anche se dal punto di vista operativo e di tempi ciò desta non poche preoccupazioni.
Più semplice invece appare l’applicazione per i lavoratori in possesso di certificazione di handicap con connotazione di gravità che potrebbero accedere alla nuova opportunità semplicemente comunicando al datore di lavoro. Questi tuttavia dovrà avere indicazioni operative su come comunicare l’assenza e ottenerne le compensazioni.
Congedi parentali per i genitori
Premessa utile ad eventuali approfondimenti: il sistema dei differenti congedi (diversi per condizioni di accesso, finalità, opportunità, retribuzione) si basa sul testo vigente del decreto legislativo 151/2001. In particolare, per l’assistenza e l’educazione dei figli, ci si riferisce solitamente ai congedi previsti dall’articolo 32 (Congedo parentale) e 33 (Prolungamento del congedo per disabilità).
Per la parte rimanente dell’anno 2020 viene introdotta (Articolo 23 – privati – articolo 25 – pubblici) una nuova formula di congedo a favore dei genitori (anche affidatari), alternativa ai congedi che abbiamo ricordato sopra (art. 32 e 33): 15 giorni mensili retribuiti al 50% (anziché al 30% di altre formule).
Il nuovo congedo è di norma concesso nel caso di figli fino ai 12 anni; nel caso di persone con disabilità grave a prescindere dell’età purché iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.
Il congedo è riconosciuto alternativamente ad entrambi i genitori, per un totale complessivo di quindici giorni mensili, ed è subordinato alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore.
Anche in questo caso mancano ancora le indicazioni applicative per la richiesta del nuovo congedo.
Una agevolazione simile è prevista anche per i genitori lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata o lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Hanno diritto a fruire di uno specifico congedo per il quale è riconosciuta una indennità che compensa parzialmente il lavoro non svolto.
È appena il caso di precisare che tutte queste agevolazioni non sono estese ad altri rapporti di parentela che non siano quelle di genitori/figli come ad esempio: coniuge, fratello/sorella, figlio/genitori.
In alternativa a queste agevolazioni lavorative il decreto prevede (fino a fine anno) la corresponsione di un bonus per l’acquisto di servizi di baby sitting nel limite massimo complessivo di 600 euro erogato su domanda mediante il “libretto famiglia”. INPS provvederà a fornire le indicazioni operative e a monitorare la spesa. Nel caso questa sfori lo stanziamento previsto INPS comunicherà al diniego delle domande pervenute (di quelle eccedenti). Anche questo bonus è limitato ai genitori e non altri gradi di parentela.
Diritto al lavoro agile
In queste settimane termini come “lavoro agile” o “smart working” hanno ottenuto una ampia diffusione, nonostante fossero già oggetto di elaborazione negli ultimi anni e anche di regolazione normativa pur relativamente recente (in particolare la legge 22 maggio 2017, n. 81, artt. 18/23)
Il cosiddetto “lavoro agile” e quindi l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato in questo periodo assume un significato con risvolti diversi: è utile per allontanare fisicamente le persone dai consueti luoghi di lavoro per evitare il diffondersi del contagio. Questo significa sostanzialmente, laddove sia possibile, svolgere il proprio lavoro presso la propria abitazione.
Uno specifico articolo (articolo 39) del nuovo decreto prevede che in via eccezionale (fino a fine aprile), i lavoratori dipendenti con disabilità grave (art. 3, comma 3, legge 104/1992) o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile “salvo che questo sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
Com’è agevole intuire si tratta di un diritto piuttosto volatile e comunque limitato alle situazioni in cui sia effettivamente possibile svolgere le proprie mansioni in remoto. Un testo che, non marginalmente, è foriero di contenzioso essendo piuttosto discrezionale la valutazione di quella “compatibilità”.
Ciò premesso sulla base di questa indicazione si può senz’altro richiedere, laddove si ritenga ricorrano i presupposti prativi, l’applicazione del “lavoro agile”.
Più incertezza vi è invece nel fornire consigli nel caso di diniego, se non di avviare un contenzioso dai tempi e dagli esiti incerti.
Chiusura dei centri diurni
In queste settimane molto si è discusso su quale fosse la scelta preferibile sui cosiddetti “centri diurni” o più propriamente centri semi residenziali: chiudere al pari delle scuole oppure no?
Da un lato vi è un rischio maggiore di contagio, dal’altro un carico assistenziale che forse buona parte delle famiglie non riuscirebbe a reggere a lungo.
Il decreto, oltre alle più ampie agevolazioni lavorative illustrate sopra, interviene sul punto (articolo 47).
Sono sospese le attività di tutti i centri semi residenziali a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità. Annotiamo che sono praticamente tutti ad esclusione dei centri di riabilitazione estensiva ambulatoriali e simili.
L’Azienda sanitaria locale, può, d’accordo con gli enti gestori dei centri diurni (ma solo quelli socio-sanitari e sanitari) attivare interventi “non differibili “in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario,quanto la tipologia delle prestazioni e l’organizzazione delle strutture stesse consenta il rispetto delle previste misure di contenimento.
Quali sono gli interventi “non differibili”? La norma non lo dice lasciando quindi discrezionalità alle ASL.
La disposizione sancisce anche il principio che per la durata dell’emergenza, le assenze dalle attività dei centri, indipendentemente dal loro numero, non sono causa di dismissione o di esclusione dalle medesime.
In aggiunta alle agevolazioni lavorative di cui si è detto sopra, lo stesso articolo su centri diurni aggiunge un elemento: l’assenza dal posto di lavoro da parte di uno dei genitori conviventi di una persona con disabilità non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro (articolo 2119 del codice civile), a condizione che sia preventivamente comunicata e che sia motivata dall’impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei centri diurni.
Prestazioni domiciliari
Il decreto, pur timidamente tenta di affrontare (articolo 48), pur con distinguo e lasciando margini alle amministrazioni, a situazione derivante dalla sospensione dei servizi educativi e scolastici e delle attività sociosanitarie e socioassistenziali nei centri diurni per anziani e per persone con disabilità
Questa viene considerata un’emergenza di protezione civile con conseguente stato di necessità. In questo scenario il decreto prevede che le pubbliche amministrazioni forniscano, “tenuto conto del personale disponibile” già impiegato in tali servizi, anche se dipendente da soggetti che operano in convenzione, concessione o appalto, prestazioni in forme individuali domiciliari. In alternativa quelle prestazioni possono essere rese o a distanza o nel rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi ma senza ricreare aggregazione e quindi “assembramenti”.
Quei servizi si possono svolgere secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite coprogettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, “alle stesse condizioni assicurative sinora previsti, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie, adottando specifici protocolli che definiscano tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.”
Nella sostanza il Governo prevede che si faccia il possibile per continuare a fornire assistenza o supporto, domiciliare e non solo, a condizione che si rispettino le indicazioni per il contenimento del contagio.